Albert Kesselring, il teorico della "guerra del centimetro".
Era stato nell'aviazione da giovane e poi era diventato ufficiale di artiglieria. Unisce la visione globale di un aviatore alla cura del minimo dettaglio propria di un ufficiale di artiglieria; cura tutti i particolari della strategia legata alla linea di difesa, tranne il fattore umano.
Infatti i tedeschi sono pochi e iniziano a essere preda di demotivazione e al contempo il tenente Shulemburg sembra mostrare eccessiva tolleranza verso i propri soldati che non fanno il loro dovere e vivono con distacco il potenziale pericolo imminente.
La strategia militare prevede la presenza di una linea di combattimento principale. Davanti ad essa è presente una fascia di sicurezza, a sua volta accostata a una più o meno larga "terra di nessuno".
Nella zona dei Limmari la terra di nessuno non è presente; è rappresentata dal sottile fiume Sangro.
La fascia di sicurezza è quindi più facilmente raggiungibile dal nemico. Per questo motivo è necessario che sia completamente sgombra, per evitare possibili fughe di prigionieri e, conseguentemente, di notizie preziose.
La fascia di sicurezza è invece occupata da tutti gli abitanti di Pietransieri che non avevano prestato ascolto agli ultimatum tedeschi sullo sfollamento e che avevano approfittato della negligenza dei soldati per nascondersi nei paraggi.
Il 16 novembre, una settimana dopo la scadenza dell'ultimo ultimatum dato da Kesselring, la pressione degli Inglesi comincia a farsi sentire pesantemente. Il tenente Shulemburg comincia a temere possibili rappresaglie da parte di Kesselring nei suoi confronti, in caso di sfondamento delle linee tattiche, per l'eccessiva leggerezza con la quale aveva fino ad allora gestito la situazione.
Al contempo, non ci sono più i presupposti per avviare un'operazione di rastrellamento che occuperebbe tempo, mezzi per arrivare a Sulmona e risorse umane già esigue. Come porre rimedio?
Dal racconto di Enzo Tristani:
Una pattuglia tedesca si imbatte in 8 uomini andati ad abbeverare le mucche più tardi del solito, li preleva e li porta in paese. Uno di essi, Pasquale D'Aloisio, credendo siano stati reclutati per ulteriori lavori al fronte, approfitta di un momento di distrazione dei soldati per darsi alla fuga ed evitare la fatica.
Altri 6 cercano di seguirlo dandosi alla fuga; vengono fermati dalle pallottole che li uccidono a sangue freddo. L'ultimo dei 7 prigionieri viene ucciso con altrettanta freddezza, dopo essere stato costretto a scavare la propria fossa.
Di lì a poco, due soldati arrivano al casale Macerelli a Limmari, per minare l'unico forno della zona lì ospitato. La signora Maria Cordisco resta uccisa tra le macerie dell'esplosione nel tentativo di recuperare il prezioso pane che poco prima aveva messo a cuocere.
Inizia, dal giorno successivo, una serie di esecuzioni sommarie di tutti coloro che i soldati incontrano per strada e nel bosco, pur senza andarne a caccia.
19 morti in 4 giorni: questo il risultato dell'operazione.
Maria e Giuseppe Macerelli, 77 e 80 anni di età, sgozzati entrambi senza alcuna pietà; Rita Di Cristoforo, 22 anni, centrata al ventre da un colpo di fucile, ritrovata in un anfratto solo la primavera successiva; il padre di lei Achille, 51 anni, freddato mentre era alla ricerca della figlia che non vedeva tornare; Antonio Di Florio, 38 anni, e suo padre Annibale, 74; Alfredo Di Padova, 18 anni: sono tra coloro che hanno la sfortuna di incontrare l'esercito in quei giorni.
Ma si muore anche di freddo, come la figlioletta di Sabatina D'Amico, riposta pietosamente in una scatola insieme ad un cranio trovato in bocca a un cane, che poi si scoprirà essere del padre della piccola senza vita, ucciso dai soldati e inconsapevolmente ritrovato dalla moglie poco prima.